Sta nascendo un certo clamore attorno
al caso nato in Sardegna e terminato in Lombardia dove due fratelli, ormai
adulti, confessano di aver subito 15 anni fa il condizionamento della madre e
di aver confermato le false accuse che lei inventava. Obiettivo: togliere di mezzo il marito, nonché
padre dei bambini, dal quale all’epoca si stava separando.
Dov’è la novità?
Ferdinando, la vittima del complotto,
sta scontando la pena nel carcere di Sassari; ma è innocente, non ha commesso i
reati per i quali è stato condannato, oggi lo scagionano gli stessi accusatori.
Ripeto: dov’è la novità?
Monitoriamo le false accuse dagli anni
’90, quando definivamo i casi “numericamente poco rilevanti, ma indicatori
di una tendenza da tenere sotto controllo”.
Poi nel nuovo millennio abbiamo
rilevato una casistica più corposa e la abbiamo iniziata a classificare come “fenomeno emergente”, che ha registrato una ulteriore impennata dopo
la legge sull’affido condiviso del 2006.
Oggi le false accuse nelle
separazioni sono ormai la prassi.
Sembra quasi che tutti gli uomini
italiani siano intimamente pedofili; contengono a fatica le pulsioni morbose
che rimangono latenti per anni, ma poi le slatentizzano tutti insieme, con
precisione cronometrica, proprio al momento della separazione.
È ormai divenuto difficile esaminare
gli atti di una giudiziale senza che compaiano atti persecutori e violenze di
vario tipo, soprattutto a sfondo sessuale, soprattutto ai danni di minori,
soprattutto “riferite” proprio dai minori.
Che, proprio quando i genitori si
separano, iniziano a “ricordare” di aver subito porcate dal padre quando
avevano 2/3 anni, o anche meno. Lo riferiscono alla madre - spontaneamente, è
ovvio – che si precipita in Procura[1].
Denunce che perlopiù si rivelano
infondate, ma l’importante è insinuare gravissimi reati compiuti dalla
controparte, e il risultato è garantito.
Perché l’insinuazione, nelle more del
giudizio penale, influenza il percorso civile.
In teoria non dovrebbe accadere, ma
accade.
Va detto che non sempre le insinuazioni
si concludono con le manette, solo le macchinazioni più “fortunate” riescono ad
ingannare giudici tanto superficiali – e tonti – da cadere nel tranello e
condannare un innocente, ma il risultato della strategia aggressiva è garantito
anche in caso di assoluzione o proscioglimento in istruttoria della vittima ingiustamente
accusata.
Gli incontri liberi con la prole vengono
immediatamente interrotti, poi l’avvio di incontri protetti, supervisione dei
servizi, relazioni periodiche, un percorso che nella migliore delle ipotesi
dura un anno, anche tre o quattro, in alcuni casi cinque ed oltre.
E a chi ha orchestrato tutto non
succede mai niente.
Studiamo da anni questo ed altri
aspetti del filone malagiustizia, portando
ricerche, monitoraggi, approfondimenti e dossier in dozzine di seminari di
studio, convegni, corsi di formazione, master universitari, persino nelle
audizioni parlamentari.
Per chi studia il fenomeno non è una
novità che genitori disonesti ed avvocati ancora più disonesti ricorrano allo
sconfinamento penale per aggirare l’iter civile.
Non è una novità che non esista un
deterrente per chi ricorre alle accuse strumentali.
Non è una novità che la
moltiplicazione della casistica nasca dalla sostanziale garanzia di impunità
per chi utilizza in tribunale false accuse studiate a tavolino.
Non è una novità che siano le stesse
operatrici di giustizia a lamentare l’80% di false accuse strumentali, proprio
in concomitanza con separazioni e divorzi.
Non è una novità - purtroppo - nemmeno
che giudici incapaci emettano sentenze sbagliate; la cronaca giudiziaria è
costellata di errori giudiziari macroscopici, frutto indagini lacunose e/o
valutazioni superficiali.
Da Enzo Tortora ai giorni nostri sono
centinaia i casi noti, ancora più enorme è il sommerso poiché è ovvio che non
tutti gli innocenti condannati hanno l’attenzione dei media.
Ma rischiamo di aprire un fronte
troppo ampio, lo tratteremo prossimamente.
Quindi nulla di nuovo sul fronte
“false accuse”, la manipolazione dei figli per poterli utilizzare contro l’ex è
un copione fin troppo noto già visto tante volte, troppe.
Chi si stupisce finge di non sapere.
È la dinamica manipolatoria che deve
essere debellata, perché - piaccia o meno - nuoce ai figli prima ancora che al
padre falsamente accusato.
Poi pazienza se qualcuno si affanna
da anni a sostenere che i bambini non possono essere alienati, la manipolazione
non esiste ed è una scusa inventata dai padri pedofili perché non è nel DSM.
Chiedetelo a Michele e Gabriele se la
manipolazione non esiste, alle migliaia di Michele e Gabriele che ancora non
hanno trovato la forza di liberarsi del guinzaglio.
Poi col tempo la sudditanza
psicologica ed il conflitto di lealtà si affievoliscono.
I bambini divenuti adulti iniziano ad
aprirsi, a riconoscere lo schifo che hanno assorbito per anni, a rifiutare la
Falsa Verità che stato loro inculcata, a fare i conti con la propria coscienza,
con le menzogne che sono stati costretti a riferire per assecondare il disegno
criminale della madre.
Questa vergogna la hanno tenuta
dentro negli anni dell’adolescenza, ora la pressione si è fatta troppo forte e
preme per uscire.
E parlano, scrivono, pubblicano,
anche se nessun fiume catartico potrà azzerare il male che hanno fatto e
subito.
I fratelli di Brescia non sono i
primi, ci sono precedenti illustri anche quest’anno
L’unico elemento nuovo rispetto allo
standard delle false accuse è il memoriale.
Gabriele non ha atteso di diventare
adulto, ha provato anche in precedenza a liberarsi del fardello di menzogne scagionando
il padre innocente,
“Nostra madre voleva la separazione,
e ci spinse a mentire”; questo uno delle preziosi passaggi di un memoriale in cui il fratello maggiore, Gabriele, ora 24enne, confessa che gli abusi denunciati da lui e il fratellino
nei confronti del padre, altro non erano che pure menzogne. Il diario fu
consegnato agli educatori di una comunità del bresciano, dove
il giovane ha vissuto fino alla maggiore età; ma nessuno rivelò la verità.
Il diario
con la ritrattazione non è mai arrivato in tribunale.
Omissione
dolosa o ingenua dimenticanza?
La
magistratura cercherà di fare luce, ma temo che sarà difficile arrivare alla
verità.
È passato
troppo tempo, chissà se i responsabili della comunità bresciana sono sempre gli
stessi, chissà se la comunità esiste ancora, chissà se è possibile rintracciare
gli operatori dell’epoca.
E poi, dopo
15 anni, è facile trincerarsi dietro un muro di “non ricordo”.
Non è
possibile prevedere ciò che verrà detto agli inquirenti, ma è possibile
prevedere ciò che non verrà detto.
Nessuno dirà
“non ho rivelato l’esistenza del diario perché odio Ferdinando, il padre dei
ragazzi”
Nessuno dirà
“la madre mi ha pagato per nascondere il diario”
Nessuno dirà
“a noi conveniva che Ferdinando restasse in galera, se lo avessero riconosciuto
innocente magari gli avrebbero restituito anche i figli. E noi avremmo perso
due rette per tutti quegli anni”
No, questo sono
certo che non verrà detto.
[1]
Talvolta anche con registrazioni-autogol, veri e propri interrogatori ai figli
pieni di domande induttive
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