martedì 22 settembre 2015

False accuse e minori manipolati ... dov'è la novita?

Sta nascendo un certo clamore attorno al caso nato in Sardegna e terminato in Lombardia dove due fratelli, ormai adulti, confessano di aver subito 15 anni fa il condizionamento della madre e di aver confermato le false accuse che lei inventava.  Obiettivo: togliere di mezzo il marito, nonché padre dei bambini, dal quale all’epoca si stava separando.
Dov’è la novità?
Ferdinando, la vittima del complotto, sta scontando la pena nel carcere di Sassari; ma è innocente, non ha commesso i reati per i quali è stato condannato, oggi lo scagionano gli stessi accusatori.
Ripeto: dov’è la novità?

Monitoriamo le false accuse dagli anni ’90, quando definivamo i casi  “numericamente poco rilevanti, ma indicatori di una tendenza da tenere sotto controllo”.
Poi nel nuovo millennio abbiamo rilevato una casistica più corposa e la abbiamo iniziata a  classificare come “fenomeno emergente”, che ha registrato una ulteriore impennata dopo la legge sull’affido condiviso del 2006.  
Oggi le false accuse nelle separazioni sono ormai la prassi.
Sembra quasi che tutti gli uomini italiani siano intimamente pedofili; contengono a fatica le pulsioni morbose che rimangono latenti per anni, ma poi le slatentizzano tutti insieme, con precisione cronometrica, proprio al momento della separazione.
È ormai divenuto difficile esaminare gli atti di una giudiziale senza che compaiano atti persecutori e violenze di vario tipo, soprattutto a sfondo sessuale, soprattutto ai danni di minori, soprattutto “riferite” proprio dai minori.
Che, proprio quando i genitori si separano, iniziano a “ricordare” di aver subito porcate dal padre quando avevano 2/3 anni, o anche meno. Lo riferiscono alla madre - spontaneamente, è ovvio – che si precipita in Procura[1].
Denunce che perlopiù si rivelano infondate, ma l’importante è insinuare gravissimi reati compiuti dalla controparte, e il risultato è garantito.
Perché l’insinuazione, nelle more del giudizio penale, influenza il percorso civile.
In teoria non dovrebbe accadere, ma accade.
Va detto che non sempre le insinuazioni si concludono con le manette, solo le macchinazioni più “fortunate” riescono ad ingannare giudici tanto superficiali – e tonti – da cadere nel tranello e condannare un innocente, ma il risultato della strategia aggressiva è garantito anche in caso di assoluzione o proscioglimento in istruttoria della vittima ingiustamente accusata.
Gli incontri liberi con la prole vengono immediatamente interrotti, poi l’avvio di incontri protetti, supervisione dei servizi, relazioni periodiche, un percorso che nella migliore delle ipotesi dura un anno, anche tre o quattro, in alcuni casi cinque ed oltre.
E a chi ha orchestrato tutto non succede mai niente.

Studiamo da anni questo ed altri aspetti del filone malagiustizia, portando ricerche, monitoraggi, approfondimenti e dossier in dozzine di seminari di studio, convegni, corsi di formazione, master universitari, persino nelle audizioni parlamentari.
Per chi studia il fenomeno non è una novità che genitori disonesti ed avvocati ancora più disonesti ricorrano allo sconfinamento penale per aggirare l’iter civile.
Non è una novità che non esista un deterrente per chi ricorre alle accuse strumentali.
Non è una novità che la moltiplicazione della casistica nasca dalla sostanziale garanzia di impunità per chi utilizza in tribunale false accuse studiate a tavolino.
Non è una novità che siano le stesse operatrici di giustizia a lamentare l’80% di false accuse strumentali, proprio in concomitanza con separazioni e divorzi.  
Non è una novità - purtroppo - nemmeno che giudici incapaci emettano sentenze sbagliate; la cronaca giudiziaria è costellata di errori giudiziari macroscopici, frutto indagini lacunose e/o valutazioni superficiali.
Da Enzo Tortora ai giorni nostri sono centinaia i casi noti, ancora più enorme è il sommerso poiché è ovvio che non tutti gli innocenti condannati hanno l’attenzione dei media. 
Ma rischiamo di aprire un fronte troppo ampio, lo tratteremo prossimamente.

Quindi nulla di nuovo sul fronte “false accuse”, la manipolazione dei figli per poterli utilizzare contro l’ex è un copione fin troppo noto già visto tante volte, troppe.
Chi si stupisce finge di non sapere.
È la dinamica manipolatoria che deve essere debellata, perché - piaccia o meno - nuoce ai figli prima ancora che al padre falsamente accusato.
Poi pazienza se qualcuno si affanna da anni a sostenere che i bambini non possono essere alienati, la manipolazione non esiste ed è una scusa inventata dai padri pedofili perché non è nel DSM.
Chiedetelo a Michele e Gabriele se la manipolazione non esiste, alle migliaia di Michele e Gabriele che ancora non hanno trovato la forza di liberarsi del guinzaglio.
Poi col tempo la sudditanza psicologica ed il conflitto di lealtà si affievoliscono.
I bambini divenuti adulti iniziano ad aprirsi, a riconoscere lo schifo che hanno assorbito per anni, a rifiutare la Falsa Verità che stato loro inculcata, a fare i conti con la propria coscienza, con le menzogne che sono stati costretti a riferire per assecondare il disegno criminale della madre.
Questa vergogna la hanno tenuta dentro negli anni dell’adolescenza, ora la pressione si è fatta troppo forte e preme per uscire.
E parlano, scrivono, pubblicano, anche se nessun fiume catartico potrà azzerare il male che hanno fatto e subito.
I fratelli di Brescia non sono i primi, ci sono precedenti illustri anche quest’anno


L’unico elemento nuovo rispetto allo standard delle false accuse è il memoriale.
Gabriele non ha atteso di diventare adulto, ha provato anche in precedenza a liberarsi del fardello di menzogne scagionando il padre innocente,  
 “Nostra madre voleva la separazione, e ci spinse a mentire”; questo uno delle preziosi passaggi di un memoriale in cui il fratello maggiore, Gabriele, ora 24enne, confessa che gli abusi denunciati da lui e il fratellino nei confronti del padre, altro non erano che pure menzogne. Il diario fu consegnato agli educatori di una comunità del bresciano, dove il giovane ha vissuto fino alla maggiore età; ma nessuno rivelò la verità.
Il diario con la ritrattazione non è mai arrivato in tribunale.
Omissione dolosa o ingenua dimenticanza?
La magistratura cercherà di fare luce, ma temo che sarà difficile arrivare alla verità.
È passato troppo tempo, chissà se i responsabili della comunità bresciana sono sempre gli stessi, chissà se la comunità esiste ancora, chissà se è possibile rintracciare gli operatori dell’epoca.
E poi, dopo 15 anni, è facile trincerarsi dietro un muro di “non ricordo”.
Non è possibile prevedere ciò che verrà detto agli inquirenti, ma è possibile prevedere ciò che non verrà detto.
Nessuno dirà “non ho rivelato l’esistenza del diario perché odio Ferdinando, il padre dei ragazzi”
Nessuno dirà “la madre mi ha pagato per nascondere il diario”
Nessuno dirà “a noi conveniva che Ferdinando restasse in galera, se lo avessero riconosciuto innocente magari gli avrebbero restituito anche i figli. E noi avremmo perso due rette per tutti quegli anni”
No, questo sono certo che non verrà detto.




[1] Talvolta anche con registrazioni-autogol, veri e propri interrogatori ai figli pieni di domande induttive

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