04/08/2015
Tre parlamentari europei del gruppo EFDD (Europe of Freedom and Direct Democracy), su istanza di Adiantum, hanno presentato una interrogazione alla Commissione UE per chiedere se per caso a Bruxelles conoscessero le (tante) criticità italiane del sistema che gestisce gli allontanamenti dei minori dalle famiglie d’origine.
La risposta della Dr.ssa Vĕra Jourová, delegata della Commissione, suona più o meno così: non sapevamo nulla di quello che ci dite, ma i problemi interni italiani non sono di competenza comunitaria.
In allegato la risposta integrale.
Ennesima dimostrazione di come il linguaggio burocratico sia utilizzato principalmente per mettere le mani avanti, per dire noi non c’entriamo nulla.
Nessuna strumentalizzazione, prego.
Conosciamo perfettamente il testo[1], l’interrogazione non pretendeva di individuare “colpe” europee nelle storture italiane, chiedeva solo se della filiera disfunzionale italiana servizi sociali/tribunali/case-famiglia fosse informata la Commissione UE.
E NON LO È, questa l’unica certezza che emerge dalla risposta.
Poi la Dr.ssa Jourová cita l’elenco delle iniziative comunitarie, dei dati raccolti e dei documenti pubblicati dal 2012, dai quali tuttavia non emergono i principali problemi elencati nell’interrogazione, vale a dire:
- in Italia l'allontanamento dei minori dalle famiglie non sempre corrisponde ai principi di protezione, urgenza e gravità;
- troppi casi registrano fasi istruttorie superficiali o inesistenti;
- i figli vengono sottratti ai genitori anche in assenza di dispositivo giuridico, in quanto la ratifica del tribunale può arrivare anche ad allontanamento già eseguito;
- la filiera degli allontanamenti non è trasparente: non esistono criteri certi per la collocazione dei minori in casa-famiglia né un database ufficiale con numero di minori allontanati, tempi di permanenza, elenco delle strutture accreditate, finanziamenti;
- conflitto di interessi di alcuni giudici onorari, coinvolti nelle strutture presso le quali inviano i minori tolti alle famiglie;
- inchieste giudiziarie che registrano casi di abusi sui minori all'interno delle strutture nelle quali vengono collocati per proteggerli dagli abusi.
Tali aspetti non compaiono nei documenti citati, che quindi si rivelano inutili ai fini della rilevazione delle problematiche italiane. Infatti la Commissione risponde, con molta onestà, di non sapere nulla dei “casi italiani menzionati dagli onorevoli deputati”.
Proviamo a capire perché.
Il Forum Europeo per i diritti dei minori (giugno 2015) era focalizzato sui sistemi integrati di tutela e – dice la Jourová – molte presentazioni hanno riguardato i problemi sollevati nell’interrogazione.
Non provenienti dall’Italia, diciamo noi.
Infatti nessuno dei documenti promossi e/o elaborati dall’Autorità Garante Nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza contiene una sola riga sui maltrattamenti subiti dai minori all’interno delle strutture residenziali, ne’ sulle altre problematiche oggetto dell’interrogazione.
La più alta autorità nazionale in materia di diritti dei minori non riconosce il problema e non lo segnala al Governo come il suo ruolo richiederebbe, non lo ritiene numericamente rilevante quindi degno di considerazione istituzionale, tranquillizza i cittadini, non bisogna creare allarmismi perché, com’è noto, il Garante sostiene che il sistema regge.
Quindi se l’Italia nasconde il problema all’Europa, è ovvio che poi l’Europa non sappia.
Di più.
Nel corso del congresso ANFI (Associazione Nazionale Familiaristi Italiani, maggio 2015) , chi scrive ha sottoposto la questione alla dr.ssa Melita Cavallo, Presidente del Tribunale per i Minorenni di Roma: visto che nei rapporti annuali non ve ne è traccia, il Garante non conosce o finge di non conoscere gli abusi in casa famiglia?
L’opinione della Presidente è stata chiara: il Garante secondo lei sa perfettamente cosa accade in certe strutture – ovviamente non in tutte – ma per ragioni di opportunità non ne fa menzione nei documenti che vanno in giro per l’Europa.
Insomma il vecchio adagio secondo il quale i panni sporchi si laverebbero in famiglia.
Magari.
Il guaio è che il Garante non li lava nemmeno in famiglia, non li lava e basta.
Non si tratta di una dimenticanza fortuita ma di un oscuramento voluto.
È doveroso rilevare le dinamiche disfunzionali all’interesse del minore se agite da privati, siano essi genitori o nonni, sacerdoti o allenatori di pallavolo, maestre o bidelli.
Quando invece i maltrattamenti sono istituzionali, meglio guardare dall’altra parte.
Non è opportuno rilevare una pecca del sistema, altrimenti diventa difficile sostenere che il sistema regge.
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