23/01/2013 - 08.56
Recentemente, a Roma, il Garante dell'Infanzia e dell'Adolescenza organizzava un convegno che, sulla carta, avrebbe dovuto rappresentare un punto di svolta nella materia cara a milioni di italiani.
Il tema previsto per l’incontro - La tutela dei minori nei conflitti familiari Proposte operative - sembra sia stato affrontato marginalmente: solo una minima parte delle relazioni ha toccato i disagi dell’infanzia e la tutela dei minori nei conflitti familiari, e non sembra siano emerse reali proposte operative.
"Duole constatare", scrivono ADIANTUM, SGGF-Stati Generali, FeNBi e ANFI (da ora in poi riportiamo il documento integralmente), "come l’argomento maggiormente dibattuto sia stato di natura economica, con diversi interventi - e successive repliche - sulle strategie necessarie ad accertare le potenzialità reddituali dei genitori separati o separandi. Si tratta di un falso problema, quantomeno fuorviante rispetto alle reali emergenze che coinvolgono le persone minori d’età contese nelle separazioni. Giova ricordare, infatti, che il contributo al mantenimento dei figli è previsto dalla norma novellata nella forma di mantenimento diretto, eventualmente integrabile attraverso un assegno perequativo da stabilire, testualmente, “ove necessario”.
"A termini di legge, quindi, il versamento di un assegno costituisce un’eccezione, non la regola. Cosa diversa è riconoscere che una larga parte di operatori, sia magistrati che associazioni forensi, dimostrano una anomala ritrosia nel recepire il dettato del Legislatore e non riescono ad abbandonare il solco dell’affido esclusivo, misura prevalente a monte della riforma del 2006. Ne deriva che le misure erogate, sia sotto il profilo patrimoniale che relazionale, siano tuttora in massima parte sovrapponibili al modello di affido esclusivo. Prova ne sia che un dossier sulla modulistica in uso nei tribunali italiani, raccolto a cura del Comitato Scientifico SGGF e da ADIANTUM, e successivamente depositato in Commissione Giustizia del Senato nel luglio 2011, testimonia l’utilizzo di moduli prestampati, nei quali le principali misure sono decise prima ancora di entrare in tribunale. La variabile è un’ora in più o in meno nelle frequentazioni, ma chi debba essere allontanato dai figli è già previsto nei moduli.
A prescindere dal genere del genitore allontanato, la criticità risiede nel fatto che - sotto il profilo relazionale - la prassi giurisprudenziale viola il dettato del Legislatore e la ratio della norma: continua infatti ad emergere da decreti e sentenze la figura di un genitore prevalente contrapposto ad un genitore marginale, esattamente ciò che la legge 54/06 intendeva eliminare.
Si tratta di un grave accanimento contro il diritto del minore - unico bene tutelato dalla norma novellata - oggetto anche di una class-action per il ricorso presso la CEDU.
Altra variabile è l’ammontare dell’assegno di contributo al mantenimento per i figli, ma chi debba versarlo è già previsto nei moduli. Come è già previsto nei moduli che detto assegno debba obbligatoriamente esistere, escludendo a priori il mantenimento diretto previsto dalla norma, ma la cui dicitura non appare in nessuno dei 58 moduli oggetto del dossier.
Ne deriva che, nell’applicazione pratica, “ove necessario” sia stato trasformato in “sempre”, violando anche sotto il profilo patrimoniale il coinvolgimento diretto di entrambi i genitori, il dettato del Legislatore e la ratio della norma.
La presunta compartecipazione dei genitori ai compiti di cura della prole viene stravolta dalla restaurazione di un mortificante “diritto di visita” che ribadisce la prevalenza di un genitore rispetto all’altro, replicando esattamente la casistica precedente alla riforma. Un genitore convive stabilmente con i figli, all’altro viene concesso di visitarli ogni tanto.
La tempistica inoltre è sconcertante, persino il prestampato “suggerito” (testuale) sul sito ufficiale del Ministero di Giustizia modulava l’affido ad entrambi i genitori su incontri con la prole un pomeriggio a settimana e due domeniche al mese.
È lecito chiedersi in cosa tali misure differiscano dalla casistica precedente alla riforma. Ne risulta un dato incontestabile: le statistiche ISTAT sull’applicazione dell’affidamento condiviso sono inattendibili.
Ovvero, non lo sono per quanto riguarda l’etichetta del contenitore, ma lo sono per i contenuti. È vero che la dicitura “affidamento condiviso” appare nei provvedimenti in percentuale sempre maggiore, ma è anche vero che le misure di detti provvedimenti con l’affido condiviso non hanno nulla a che fare.
L’ISTAT, quindi, potrebbe anche rilevare il 100% di affido condiviso; molto semplicemente non si tratta di affido condiviso.
Giova ricordare che una frequentazione ampia, costante e significativa con entrambi i genitori ed i rispettivi ambiti parentali è riconosciuta - per legge - come un diritto indisponibile del minore, non certo dei genitori e/o dei nonni. Pertanto è il diritto del minore ad essere costantemente violato da una prassi che ancora rifiuta, a 7 anni dal varo della legge, di riconoscere il principio di bigenitorialità e le sue misure applicative.
La particolare attenzione ai problemi di natura economica, riscontrata nel convegno, rivela una visione adultocentrica, focalizzata sulle istanze delle parti e sugli strumenti da fornire agli operatori, non sui reali bisogni dell’infanzia. Non è stato debitamente affrontato il problema più grave e diffuso che coinvolge bambine e bambini contesi: la difficoltà nel conservare frequentazioni costanti con entrambi i genitori.
Dal favor dei nostri tribunali per il modello di affido esclusivo scaturisce, come già detto, la restaurazione di un genitore prevalente nel processo di crescita della prole. Prima della riforma era affidatario, dopo è divenuto collocatario, ma la sostanza rimane invariata.
Mentre il genitore affidatario era una figura prevista dalla legge precedente al 2006, il termine ed il concetto di genitore collocatario sono di esclusiva origine giurisprudenziale, inesistenti nel testo della legge 54/06. Ne deriva una asimmetria tra genitori che, se può risultare soddisfacente per chi aspira a fare dei figli una proprietà esclusiva, si concretizza in una aperta violazione dei diritti del minore.
Il caso di Cittadella è stato più volte citato negli interventi che si sono susseguiti. Biasimo per le modalità di intervento della polizia, ma nulla più.
Non è stato affrontato l’argomento dei tempi insostenibili tra un provvedimento giudiziario e la sua concreta esecuzione, non sono state affrontate le motivazioni alla base del provvedimento di protezione, non è stato chiarito chi abbia violato l’interesse del minore, non sono state avanzate ipotesi su cosa sarebbe stato necessario fare per favorire un’esecuzione meno traumatica, non è emersa la problematica di un provvedimento ineseguibile per anni a causa dell’ostracismo di un genitore o di un intero clan familiare.
In sostanza, che i fatti di Cittadella rappresentino un episodio biasimevole è chiaro a tutti; lungi dall’affrontare il profilo scandalistico, una analisi propositiva sarebbe stata utile per individuare suggerimenti concreti, non certo per il singolo episodio ma per il fenomeno nella sua interezza. La gravità risiede nel fatto che 1.000 Cittadella vi sono state e 1.000 ancora vi saranno, l’unica differenza è che non tutti i casi hanno la stessa eco mediatica, non tutte le famiglie sono pronte a filmare, non tutti i filmati vengono trasmessi in prima serata tv.
Cittadella a parte, il problema esiste. Esiste, ma non è stato oggetto di approfondimento, discussione o proposte operative, come annunciato nel sottotitolo del convegno.
Altri problemi dell’infanzia coinvolta nei conflitti familiari non sono stati toccati nel convegno. Non è stato affrontato il problema delle sottrazioni internazionali di minori, fenomeno in costante aumento come diretta conseguenza dell’aumento di matrimoni e convivenze fra soggetti di diversa nazionalità.
Non è stato affrontato l’argomento del conflitto fa gli ordinamenti interni dei diversi Paesi, della scarsa efficacia delle convenzioni internazionali, della asimmetria italiana rispetto alla Convenzione dell’Aja (Italia virtuosa nel restituire i minori sottratti dal genitore italiano, cronicamente inefficace nel rimpatriare i minori sottratti dal genitore straniero), della tempistica insostenibile che rende vane le procedure di rimpatrio, della mancata comunicazione fra procure, della scissione dei legami tra il minore ed il Paese d’origine (genitori, altri parenti, lingua, cultura, etc), delle difficoltà oggettive e concrete nell’applicazione dei diritti dei minori sottratti, prima ancora che dei genitori.
Inoltre: non sono stati affrontati i problemi del trasferimento del genitore collocatario - anche all’interno del territorio italiano - che di fatto rende impossibili i rapporti della prole con l’altro genitore, anche in violazione di accordi presi consensualmente. Non si è parlato delle frequentazioni ostacolate e/o impedite, dell’affidamento troppo spesso storpiato in possesso esclusivo, della conflittualità costruita ed alimentata strumentalmente, delle dinamiche aggressive premianti per chi le mette in atto, della reiterazione di dinamiche escludenti alimentata dalla sostanziale impunità per chi le attiva; e poi il fenomeno emergente delle false accuse, l’utilizzo strumentale della carta bollata per risolvere penalmente il contenzioso civile, l’arbitrarietà della definizione “evento traumatizzante”, la tempistica e la modalità di presa in carico da parte dei Servizi Sociali, il conflitto fra CTU e CTP.
Aspetto più curioso: non è stato fatto alcun cenno alle proposte di riforma dell’affido condiviso presentate nella XVI Legislatura, ne’ ai documenti depositati in audizione, ne’ agli emendamenti presentati in Commissione Giustizia del Senato. È stato ignorato qualsiasi aspetto della prassi giudiziaria, della letteratura scientifica e della progettualità legislativa emersa negli ultimi anni, figlia del monitoraggio sull’applicazione disomogenea delle norme vigenti.
Gli argomenti tralasciati nel convegno del 28 novembre appaiono troppo numerosi e rilevanti per non emettere un giudizio deludente rispetto a quanto annunciato:
“In questa giornata di studio l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza e l’Associazione GeA (…) intendono esaminare la situazione attuale in ambito legislativo, giudiziario e psico-sociale per quanto riguarda la tutela dei minori nei conflitti familiari (....)
Chiederemo ai relatori (…) di individuare all’interno di procedure, strategie, interventi, quanto è tuttora valido, quanto è da cambiare, le innovazioni da introdurre (…)
Obiettivo della giornata è confrontarsi e fare proposte concrete sulle azioni da intraprendere in futuro” (....)
La tutela dei minori nei conflitti familiari non può essere circoscritta nel provvedere ai bisogni economici, necessita ben altro. Allo scopo di tracciare i contorni del disagio sociale ed individuare le azioni concrete da proporre in sede governativa, crediamo sia necessaria una consultazione ad ampio raggio delle varie realtà che operano a tutela dei minori contesi nelle separazioni, nei divorzi e nelle cessazioni di convivenza.
Un know-how ultraventennale rappresenta un capitale prezioso che non può essere ignorato, scegliendo alcuni interlocutori ed escludendone altri. Chiediamo a breve un incontro chiarificatore, allo scopo di illustrare all’Autorità Garante le molte criticità che non sono state argomento di discussione del convegno in oggetto.
Dopo l'apertura di un prudente dialogo con l'Ordine nazionale degli assistenti sociali, tocca all'Autorità Garante dell'infanzia, adesso, confrontarsi con le associazioni portatrici di interessi diffusi.
Il 2013 ci dirà se esiste la disponibilità a farlo.
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