giovedì 24 settembre 2015

attenzione al film in 3D


class action


il Sistema


Evoluzione


Cicogna



Sottrazione Internazionale bis


articolo 388 cp, ovvero l'apoteosi dell'utopia


Estrazione


Trattare? Ah, ah, ah, ah


Cattivissimi ...


bigamia


coso, lo psichiatra antipadri


pari opportunutà


uomini maschilisti


Al tribunale di Roma il giudice tutelare non conosce bene il Diritto di Famiglia...

19/08/2014 

Ci troviamo ancora una volta a commentare provvedimenti surreali. 
Non avendo gli strumenti per modificare atti che gridano vendetta, rivendichiamo almeno il diritto di rendere note le bestialità.
Tribunale di Roma: stavolta analizziamo il provvedimento di un giudice tutelare, dopo aver dato spazio alle perle di giudici ordinari e minorili. 
Provando a sintetizzare una vicenda estremamente complessa, diremo solo che una coppia prova per circa due anni ad avere un figlio che non arriva, poi al momento della tanto attesa gravidanza la signora scarica il compagno. 
Ciao, ora non mi servi più.
Su queste pagine non hanno alcuna rilevanza i motivi all’origine della decisione, non ci interessa sostituirci al Tribunale e decidere chi ha torto e chi ragione.
Resta un dato oggettivo: il sig. S.S. è stato da subito tenuto lontano dal figlio, da prima ancora della nascita.
Aspre lotte in tribunale per poter riconoscere il bimbo, poi lotte ancora più aspre per iscriverlo all’anagrafe e potergli dare il cognome: l’opposizione della madre ha ceduto solo di fronte alla prova del DNA,  ma la signora continua ad ostacolare la paternità con ogni stratagemma: prova ne sia che, nonostante tutto, dopo quasi due anni il bimbo ha ancora solo il cognome materno.
Nel gennaio 2014 il Giudice Tutelare emette un decreto che dovrebbe regolare le frequentazioni, ove si legge che la madre consente gli incontri in un bar, un’ora e mezza in un pomeriggio infrasettimanale, non oltre tre ore a domeniche alterne.
Forse il Giudice tutelare si è distratto un attimo, probabilmente non ricorda che le frequentazioni con entrambi i genitori sono un diritto del minore e non la “concessione” di un adulto.
Quanto al bar … com’è noto a migliaia di pediatri, pedagogisti e psicologi dell’età evolutiva, una corposa letteratura scientifica identifica i locali pubblici in generale, ed i bar in particolare, come i luoghi più idonei in cui i bambini possano sviluppare solidi legami genitoriali.
Perché i figli dovrebbero perdere tempo a sviluppare familiarità con entrambi i genitori, le rispettive abitazioni ed i rispettivi ambiti parentali ? Meglio che sviluppino  relazioni significative con uno solo, per l’altro un’oretta al bar è più che sufficiente.
Bambini come minatori gallesi dell’800 a fine turno: la birra al pub, la partita a freccette, le lamentele sulla paga, un’altra birretta e poi tutti a casa. 
La domenica si festeggia: tre ore invece di un’ora e mezza.
Tre ore tutte insieme, che lusso! Ma perché specificare “non oltre tre ore”?
Non è per caso un’aggiunta superflua, una leggerezza che potrebbe lasciare spazio a chi non aspetta altro che inasprire il conflitto con scuse pretestuose? 
Infatti il sig. S.S. inciampa immediatamente nell’ostracismo della ex, che contesta le tre ore e si aggrappa ad un equivoco.  Non oltre potrebbe voler dire 2 ore e 30’, 2 ore, anche solo un’ora … il Giudice Tutelare ha commesso l’errore di specificare il tetto massimo ma non il minimo, lasciandolo a discrezione di chi non vuole altro che costruire ostacoli.
In pratica cosa significa?
È necessario tornare dal Giudice e perdere altro tempo per far correggere la svista:
altri incontri saltati … tanto il figlio mica è del Giudice
altro denaro al vento … tanto gli avvocati mica li paga il Giudice.

Non è finita.
Il bar oltre al caos, alla mancanza di privacy,  all’impossibilità oggettiva di identificare spazi che possano essere percepiti come propri  e/o familiari e/o paterni, ha anche un altro difettuccio: può chiudere.
Per ferie, per ristrutturazione, per fallimento.
E quando il proprietario decide di chiudere, per un periodo o per sempre, nessuno può imporgli di non farlo  altrimenti padre e figlio non potranno più vedersi.
Quindi è necessario tornare ancora una volta dal Giudice per chiedere nuove misure: solito tempo perso, soliti incontri saltati, solito denaro al vento.
Stavolta però il Giudice Tutelare ha un colpo di genio e cambia strategia: evita di stabilire incontri in un luogo diverso dal bar e si dichiara incompetente.

Perché è improvvisamente diventato incompetente?
Ma è ovvio: perché, dice il Giudice, ormai la competenza è dei Servizi Sociali incaricati dal Tribunale per i Minorenni di organizzare incontri tra padre e figlio.
Peccato che entrambi i provvedimenti del Giudice Tutelare (decreto del gennaio 2014, correzione di febbraio 2014) nascano quando già i Servizi Sociali erano stati incaricati da mesi, senza che per questo venisse invocata alcuna incompetenza.
Peccato che i Servizi abbiano ricevuto mandato di valutare la relazione padre-figlio mediante una serie di incontri da stabilire, senza però sostituire il calendario vigente che quindi va mantenuto.
Peccato che i Servizi siano stati incaricati nel novembre 2013 e ad agosto 2014 non abbiano ancora organizzato un solo incontro padre-figlio, accumulando oltre 10 mesi di inerzia totale.
In conclusione, quando la faccenda si complica è buona regola rispolverare il vecchio ma sempre valido Gran Maestro della burocrazia italiana: Ponzio Pilato
Non è compito mio, l’ancora di salvezza sempre a portata di mano.
Non è un caso se invochiamo da anni l’urgenza di un Tribunale Unico per la Famiglia, evitando così che la mano destra non sappia cosa fa la mano sinistra, e nessuna delle due sappia dove stanno andando le gambe.
In questo caso come in altri simili, hanno avuto un ruolo il Tribunale Ordinario, il Tribunale per i Minorenni, la Procura, il Giudice Tutelare, i Servizi Sociali, senza che nessuno  sia riuscito ad individuare uno straccio di soluzione
Non è facile spiegare ai nostri figli che ‘sta baracca è il Sistema che dovrebbe tutelare i loro diritti, ma la forza delle parole e delle idee sono le nostre sole armi, a differenza di alcuni improvvisati guerriglieri che credono di terrorizzare il Sistema urlando proclami minacciosi.
Non è lo stile Adiantum, non è lo stile FeNBi, non è lo stile di chi ha qualcos’altro oltre la rabbia da mettere sul piatto della bilancia.
L’analisi, la dialettica, la logica ed un pizzico d’ironia possono essere armi estremamente utili se sorrette dalla potenza della verità,  e comunque sono le uniche che sappiamo usare.

http://www.adiantum.it/public/3569-al-tribunale-di-roma-il-giudice-tutelare-non-conosce-bene-il-diritto-di-famiglia....asp?pagin=3&ordine=commenti-idComm01-desc

mercoledì 23 settembre 2015

La disinformazione pilotata demonizza il maschile

11/05/2011 

La campagna di disinformazione finalizzata alla demonizzazione della figura maschile, in atto ininterrottamente da 40 anni, utilizza diversi filoni.
Uno dei più inflazionati è il postulato della violenza maschile come “prima causa” della morte delle donne.
Con ogni mezzo ci si affanna a propagandare la mistificazione, col risultato che radio, tv e carta stampata grondano il medesimo messaggio artefatto e privo di ogni fondamento: in Italia la violenza maschile è la prima causa di morte per le donne.
Senza nulla togliere al dolore che i familiari provano per ogni vittima di morte violenta, a prescindere dal genere, proviamo ad analizzare su quali fondamenta scientifiche poggia la propaganda vittimistica unidirezionale.
E’ curioso notare come la prima causa di decesso in Italia vari a seconda di ciò che si vuole, al momento, mettere sotto i riflettori: nei servizi giornalistici degli ultimi anni la prima causa di decesso è stata il cancro, oppure l’infarto, gli incidenti stradali, il diabete, le malattie infettive, il fumo attivo e passivo, l’alcool …
Quando parla l’oncologo il cancro è il principale fattore di rischio, quando parla il cardiologo il principale fattore di rischio diventano le malattie cardiocircolatorie, quando invece parlano soggetti indottrinati alla logica persecutoria antimaschile, ecco pronta la mistificazione preconfezionata della violenza di lui che uccide lei.
Propaganda, non informazione
Paul Joseph Goebbels, Ministro della Propaganda nonché esperto di comunicazione del III Reich, ha reso celebre la teoria: “prendete una bugia e ripetetela mille volte: diventa una verità”.
E’ esattamente ciò che viene messo in atto dalla campagna di criminalizzazione antimaschile.
Ne risulta, infatti, che la violenza maschile come prima causa di morte delle donne viene arrogantemente divulgata (e passivamente accettata) senza il minimo riscontro nei dati ufficiali disponibili e – curiosamente – senza alcun accenno di verifica da parte degli infervorati divulgatori.
  Indagine Multiscopo ISTAT sulle cause di morte (2002) In Italia un totale di 560.390 decessi, di cui:Maschi: 279.296 Femmine: 281.094  
Non si tratta di dati reperiti clandestinamente a costo di faticose ricerche, sono griglie consultabili da chiunque, gratuitamente, presso il sito www.istat.it
Per omicidio e lesioni provocate intenzionalmente da altri (codice descrittivo dell’Indagine: BE77) sono morte in Italia, nel 2002, 560 persone, di cui
Maschi: 401
Femmine: 159
159 decessi su un totale annuo di 281.094 (0,06%).
Non c’è l’intenzione di sottovalutare l’importanza dei 159 decessi, è necessario provare grande partecipazione per il dolore di quelle 159 famiglie ed esprimere ferma condanna nei confronti di autori/autrici dei gesti criminali.
Ma il focus è un altro, da individuare nelle rilevazioni statistiche: lo 0.06% sarebbe ciò che la narrazione dominante tenta di imporre come prima causa di morte delle donne.
Il 28 giugno 2008 l’ISTAT ha inoltre pubblicato le stime preliminari di mortalità per cause, comparando i dati 2003 (definitivi) ai dati 2006 (stime).
Per questa proiezione l’ISTAT ha usato un metodo diverso, accorpando sotto la voce “cause accidentali e violente” eventi di varia natura. La voce quindi comprende non solo donne vittime di omicidio, ma anche di suicidio, catastrofi naturali, incidenti stradali, incidenti domestici, rapine, etc.
Anche il sottogruppo violenza in famiglia è compreso nella voce “cause accidentali e violente”    
CAUSE DI MORTE
Decessi (numero)
Tassi stand. per 10.000
2003
2006
2003
2006
MASCHI
Tumori
96.122
98.339

40,48
38,81
Tumori maligni dello stomaco
6.381
6.515

2,72
2,58
Tumori maligni del colon, retto e ano
9.250
10.026

3,92
3,99
Tumori maligni della trachea, bronchi e polmoni
25.833
25.978

10,52
9,99
Tumori maligni della mammella della donna
-
-

-
-
Diabete mellito
7.799
8.044

3,49
3,31
Malattie del sistema nervoso
8.137
8.135

3,67
3,38
Malattie del sistema circolatorio
105.837
97.344

49,93
42,13
Infarto del miocardio
19.676
18.428

8,53
7,46
Disturbi circolatori dell'encefalo
27.344
24.606

13,25
10,85
Malattie del sistema respiratorio
22.999
20.497

11,14
9,04
Malattie dell'apparato digerente
12.127
11.958

5,21
4,81
Cause accidentali e violente
15.546
14.347

6,34
5,63
Altre cause
20.113
19.577

9,25
8,29
288.680
278.241
129,51
115,39

FEMMINE




Tumori
71.011
73.757
20,71
20,27
Tumori maligni dello stomaco
4.643
4.369
1,31
1,16
Tumori maligni del colon, retto e ano
8.005
8.532
2,29
2,29
Tumori maligni della trachea, bronchi e polmoni
6.431
7.297
1,92
2,07
Tumori maligni della mammella della donna
11.461
11.480
3,46
3,28
Diabete mellito
11.960
11.270
3,23
2,78
Malattie del sistema nervoso
11.199
10.946
3,02
2,71
Malattie del sistema circolatorio
135.855
123.643
34,95
28,79
Infarto del miocardio
15.355
14.374
4,12
3,53
Disturbi circolatori dell'encefalo
41.571
36.693
10,70
8,54
Malattie del sistema respiratorio
17.823
14.929
4,59
3,49
Malattie dell'apparato digerente
11.857
11.444
3,25
2,90
Cause accidentali e violente
10.097
9.783
2,79
2,49
Altre cause
28.281
26.846
7,43
6,43
298.083
282.617
79,97
69,87

Dallo schema emerge una flessione, seppur minima, delle proiezioni 2006 rispetto ai dati 2003.Inoltre il dato complessivo (non il solo omicidio ad opera del partner) è in ogni caso ben lontano da costituire il primo fattore di rischio per i soggetti di genere femminile, rappresentando circa il 2,5% del totale.
Se L’ISTAT scorporasse la sola voce omicidio ad opera del partner, o ex partner, si avrebbero valori percentuali ancora minori, verosimilmente inferiori all’ 1% a conferma dei dati relativi al 2002. Va infatti ricordato che nella percentuale del 2,49% sono comprese anche donne uccise “per cause accidentali e violente” nel corso di rapine, tentativi di sequestro, regolamenti di conti fra malavitosi, incidenti stradali – quindi non dal partner – oltre a donne uccise da altre donne, siano esse madri, sorelle, figlie o nipoti, come anche colleghe, rivali in amore, compagne di università, partners lesbo, vicine di casa ed altro ancora.
Tra i casi più noti i delitti di Perugia (Amanda), Erba (Rosa) e Novi Ligure (Erika).
Ci auguriamo che tale suddivisione venga analizzata e pubblicata quanto prima, per avere una documentazione ancora più dettagliata. 
In conclusione: che la violenza maschile costituisca la prima causa di morte delle donne non è mai emerso da alcuna indagine dei maggiori istituti di ricerca pubblici o privati.
Non lo ha mai sostenuto l’ISTAT, l’Eurispes, il CENSIS, l’Eures; non è mai risultato da alcuna ricerca universitaria…. Lo dice solo la propaganda antimaschile. Però lo dice lo dice sempre, lo dice ovunque …. e fa proseliti, che si accodano bovinamente al coro senza mai preoccuparsi di verificare l’attendibilità di quanto affermato.
Un  inganno colossale o - per chi preferisce - propaganda, mistificazione, terrorismo psicologico ….. certamente non può in alcun modo essere definita “informazione”. Una informazione serena, obiettiva ed imparziale risponde a criteri decisamente diversi.
Nel 2004 arriva la clamorosa ammissione di una ONG prestigiosa come Amnesty International:  “La campagna globale di Amnesty International contro la violenza sulle donne ha fatto uso dell’affermazione, attribuita al Consiglio Europeo, secondo cui la violenza domestica è la prima causa di morte per le donne, genera più decessi del cancro e degli incidenti stradali. Questa affermazione non corrisponde ai dati cui si riferisce, viene quindi cancellata dal materiale di Amnesty International” 
Il dato mistificatorio è stato rimosso dalla brochure di Amnesty International, non certo dalle coscienze che la disinformazione ha condizionato. Nonostante la retromarcia ufficiale, gli effetti della lunga ed insistente propaganda che si è rivelata essere una falsità rimangono ben ancorati nell’immaginario collettivo e continuano ad orientare i convegni, i media, l’agenda della politica.

http://www.adiantum.it/public/2464-la-campagna-di-disinformazione-che-demonizza-la-figura-maschile---di-fabio-nestola.asp

Gentile Presidente Almerighi, non ci sottovaluti, siamo ben documentati

21/02/2011 


All'articolo del 7 febbraio replicava il Presidente del Tribunale di Civitavecchia dr. Mario Almerighi, che si sentiva sotto accusa. In sostanza scrive che la nostra protesta è immotivata perchè hanno solo utilizzato vecchie fotocopie, per risparmiare carta, e poi da quando c'è il condiviso quei moduli non li utilizzano più.
Beh, potevamo non rispondere?

Egregio Presidente Almerighi, la Sua cortese e pacata replica richiede una altrettanto cortese e pacata controreplica. In apertura ci preme dirLe che dalle Sue note emerge una generica sottovalutazione tanto di ADIANTUM quanto di chi firma gli articoli che su tale spazio trovano pubblicazione.
L’inchiesta che stiamo conducendo presso i Tribunali italiani poggia su basi estremamente solide: documenti, atti e modulistica utilizzata nel periodo 4/2006 – 12/2010, vale a dire esclusivamente dopo la pubblicazione della legge 54/06 sulla Gazzetta Ufficiale.
Siamo coscienti di trattare un argomento scomodo: far emergere disservizi e storture giudiziarie potrebbe comportare l’attrito con diversi poteri forti, pertanto sarebbe velleitario – nonché sintomo di fanciullesca ingenuità – gettarsi nell’impresa senza prima aver accumulato ed analizzato una inattaccabile documentazione probatoria. 
Entrando nel merito delle Sue note, pertanto, ci vediamo costretti ad una serena ma ferma contestazione:
  • non è affatto “erroneamente indicata”; la dicitura verbale di comparizione dei coniugi, ma è l’esatta intestazione del documento originale in nostro possesso. L’eventuale errore è addebitabile a chi redige un atto su modulistica inadeguata, non certo a chi si limita a riportarla fedelmente.  È nostro unico interesse citare i fatti, non nutriamo alcun desiderio di alimentare polemiche approfondendo l’eventuale culpa in negligendo, nonché la culpa in vigilando.
  • Non si tratta di un modulo non più in uso dal marzo 2006, bensì di un atto che porta la data del novembre 2007, oltre un anno e mezzo dopo la data nella quale detto modulo avrebbe dovuto, diciamo così, andare in pensione. Non sono pubblicabili per ovvi motivi di privacy, ma qualora fosse utile ad un chiarimento possiamo fornirLe privatamente ulteriori dettagli dell’atto oggetto di discussione: n° di protocollo, estremi delle parti, etc.  Abbiamo inoltre le testimonianze documentali dagli studi di tre legali, due del Foro di Roma ed una del Foro di Civitavecchia, che provano come il modulo “desueto” sia ancora utilizzato in procedimenti del 2009 e del 2010.
  • Lei ricorda, giustamente, come a monte della legge 54/06 il regime di affidamento prevalente fosse quello esclusivo. L’ISTAT infatti - attraverso il modello di raccolta dati M252 - riferisce nel decennio precedente al 2006 percentuali di affido alla madre oscillanti tra un minimo dell’84% ad un massimo del 90%. Ci perdoni, ma non sembra un motivo valido per cancellare la doverosa imparzialità che dovrebbe essere il fulcro attorno al quale si muovono le leve della Giustizia.
 Che la modulistica sia concepita per velocizzare le procedure è un fatto assodato.Ma ci chiediamo e Le chiediamo:
  • anche con riferimento all’impianto normativo ante 2006, ed a maggior ragione con la norma novellata, è possibile prevedere un modulo prestampato che escluda a priori qualunque caso di affido diverso da quello esclusivo alla madre?
  • Quale spreco di tempo comporterebbe scrivere “padre” nello spazio predisposto per le modalità di visita del genitore non affidatario? Oppure, se preferisce, quale risparmio di tempo comporta non doverlo scrivere?
  • Se si trattasse di un risparmio di tempo significativo, concretamente funzionale allo snellimento delle procedure, per quale motivo non è già prevista la dicitura “madre” nello spazio predisposto per il genitore affidatario?
 Sarebbe un mero esercizio polemico metterci a cronometrare, non ci interessa farlo. Qualunque fosse l’esito saremmo nell’ordine dei decimi di secondo, risultato assolutamente ininfluente nell’economia generale dell’iter giudiziario.
Tale risparmio risibile, tuttavia, comporta un dazio altissimo da pagare al principio delle pari opportunità, nonché al concetto di Giustizia intesa come imparzialità ed uguaglianza nei confronti di cittadine e cittadini, previsto dalla Carta Costituzionale.
Eccoci in presenza di un paradosso: il sistema giudiziario, teorico fornitore di certezze e di imparzialità, si classifica come il proprio opposto qualora sia in grado solo di dare “quasi certezze” di ingiustizia: che si sappia di avere il 90% di possibilità di perdere una causa con pesanti ripercussioni psicologiche ed economiche, solo perché padri quindi non appartenenti al genere femminile, è la situazione paradossale che distorce il concetto stesso di “giustizia”.
Chi è in grado di garantire che nessun utente del Tribunale di Civitavecchia, messo di fronte al modulo oggetto del dibattito, abbia mai avuto una percezione di inutilità dell’iter giudiziario tanto i punti fondamentali sono decisi prima ancora di entrare in Tribunale?
Per un aspetto l’unica variabile è quanto deve versare, chi debba farlo è già deciso. Per l’altro aspetto l’unica variabile è strappare mezz’ora in più per vedere i figli, chi viene relegato in un ruolo marginale rispetto alla prole è già deciso.
Ci perdoni, Presidente, ma a nostro parere utilizzare moduli prestampati che non lasciano alcuna alternativa in merito a chi debba rispettare un regime di visita e versare un assegno è, oggi, un’aperta violazione della norma, ma lo era anche prima della norma novellata.
Il modulo, inoltre, sembra essere inquinato da un’ipocrisia di fondo in quanto si preoccupa di fingere un’imparzialità formale al momento di stabilire il genitore cui affidare i figli. Vi è uno spazio vuoto, da riempire con un deplorevole spreco di tempo: chi potrà mai essere il genitore affidatario, in un modulo prestampato che già prevede il padre come non affidatario ?
È inutile essere leziosi, tralasciamo la disamina meticolosa del modulo e proponiamo una riflessione imposta semplicemente dall’onestà intellettuale. La palese discriminazione della quale trasuda il modulo, a prescindere dal fatto che sia stato utilizzato prima o dopo marzo 2006, solleva legittimi dubbi: 
  • si tratta di un serio tentativo di economizzare tempo ?
  • si tratta di veniali errori di distrazione nel predisporre un modulo extra legem ?
  • si tratta di un lapsus, involontaria ratifica di una consuetudine consolidata ?
  • o piuttosto non c’è alcun errore, in quanto il modulo riflette una precisa forma mentis di chi è chiamato a compilarlo ?
Quante volte queste domande possono aver circolato fra migliaia di avvocati, consulenti, psicologhe, assistenti sociali e genitori che visionano gli atti ?
Non serve nemmeno arroccarsi sul tentativo di “evitare sprechi di carta”…Sarebbe sufficiente ammettere: “grazie della segnalazione, probabilmente per una svista sono stati utilizzati moduli inadeguati e discriminanti, controlleremo meglio e cercheremo di evitare il reiterarsi della discriminazione”.
Solo gli ignavi non sbagliano mai, chi lavora duramente è soggetto al rischio della disattenzione.
Quanto alla percentuale altissima di affidamento condiviso disposto dal Suo Tribunale, non possiamo che congratularci.  
Resta da verificare l’effettivo contenuto dei provvedimenti: altro problema emergente, oggetto di ulteriore  approfondimento in corso, è la consuetudine in diversi Tribunali di affiggere l’etichetta di affidamento condiviso su misure patrimoniali e relazionali riferibili alla giurisprudenza ante 2006.
Affido esclusivo: casa e assegno alla madre, due pomeriggi a settimana e due domeniche al mese.
Affido condiviso: casa e assegno alla madre, due pomeriggi a settimana e due domeniche al mese.
Sicuramente il Tribunale di Civitavecchia avrà saputo eccellere, non solo dal punto di vista quantitativo ma anche e soprattutto qualitativo, ma visto l’andazzo del resto dell’Italia ci permettiamo di essere un po’ dubbiosi.
In conclusione, Egr. Presidente Almerighi, proviamo a fare chiarezza. La nostra inchiesta è a largo raggio, senza alcuna intenzione di additare il Tribunale di Civitavecchia come capro espiatorio per tutti i mali d’Italia.
Il titolo dell’articolo può prestarsi a diverse interpretazioni, ci duole pensare che “lo scandalo partedal Tribunale di Civitavecchia” abbia lasciato in Lei l’impressione del dito accusatore puntato contro l’origine del problema. Invece il Tribunale di Civitavecchia è solo uno dei casi presi in esame, non il più grave e nemmeno il più rilevante come bacino d’utenza.
Ben altre storture stanno emergendo, quindi ci preme rappresentarLe il nostro rammarico qualora avesse avuto l’impressione di essere oggetto di particolare accanimento; lungi dalle intenzioni dell’inchiesta un’accusa specifica alla Sua persona o alla struttura da Lei diretta. Il problema ha contorni molto più vasti, e dall’analisi critica, approfondita e documentata, sono emerse e stanno ancora emergendo diverse falle nell’intero sistema, da Aosta a Palermo; anomalie che alimentano la sfiducia della cittadinanza nei confronti della Giustizia Familiare, problema peraltro sollevato anche nel corso di diverse inaugurazioni dell’anno giudiziario.
Certi della Sua buona fede, a dimostrazione del reale obiettivo dell’inchiesta - che non può essere una sterile denuncia fine a se stessa ma deve prevedere una fase propositiva - avanziamo una proposta concreta. Allo scopo di offrire un miglior servizio alla cittadinanza, cercando di eliminare o almeno ridurre al minimo sviste, distrazioni, superficialità e discriminazioni, non sarebbe il caso di prevedere una modulistica unica, uniformata ad un modello di fonte ministeriale, tale da evitare iniziative disomogenee dei singoli Tribunali ?
Un’iniziativa a costo zero, di semplice e veloce realizzazione e di altrettanto semplice diffusione capillare.
Saremmo orgogliosi se volesse affiancarci in una richiesta ufficiale in tal senso, eventualmente anche coinvolgendo altri Suoi colleghi da altri Tribunali italiani. 

http://www.adiantum.it/public/2189-gentile-presidente-almerighi,-non-ci-sottovaluti,-siamo-ben-documentati.asp

Moduli predisposti per il falso condiviso. Lo scandalo parte dal tribunale di Civitavecchia


07/02/2011


Carissimi Mara ed Angelino, forse vi siete distratti un attimo, ma qui le cose continuano a non andare per il verso giusto...Innanzitutto permetteteci di chiamarvi con il vostro nome di battesimo: la confidenzialità non vuole essere un gesto arrogante, ma solo il segnale affettuoso della stima che nutriamo per il fondamentale operato dei Ministeri da voi diretti.

Intendevamo ricordare come i concetti di "Giustizia" e "Pari Opportunità", secondo cittadine e cittadini italiani, sembra proprio debbano essere abbinati a contenuti di alto profilo.
Dopo aver avuto accesso ad un minimo di documentazione, bisogna riconoscere alla cittadinanza una profonda ragione: anche secondo il Dizionario Enciclopedico Garzanti, infatti, alla definizione “giustizia” troviamo: …dal latino justitia che a sua volta deriva da justus, "giusto", e questo da jus, “diritto”.
Scomodando la Carta Costituzionale, la voce “pari opportunità” è contemplata agli artt. 3, 37, 51 e 117, ove tra l’altro si legge: art. 3) Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, (…) È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli (…).art. 37) (…) la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini (…).
Alla luce di simili contenuti di alto profilo, unanimemente riconosciuti ed apprezzati, appare curioso ciò che accade all’interno dei Tribunali italiani. Per quanto riguarda separazioni e divorzi, infatti, i più elementari principi di “giustizia” e “pari opportunità” vengono quotidianamente disattesi. Senza prendere in considerazione la discrezionalità della magistratura, sempre opinabile nonché recente oggetto di aspre polemiche, qui si fa riferimento ad un dato oggettivo ed incontestabile quale la modulistica in uso. Per un iter separativo si compilano moduli standard - elaborati dagli stessi tribunali - allo scopo di velocizzare le procedure. Ogni sede può avere una sua modulistica: i prestampati non si rifanno ad un modello unico.
Abbiamo raccolto una corposa documentazione, dalla quale emerge una singolare faziosità che abbatte con la scure il concetto stesso di imparzialità, fondamento imprescindibile tanto della Giustizia quanto delle Pari Opportunità. Un solo esempio, fra i tanti raccolti in archivio:
Il Tribunale Ordinario di Civitavecchia (RM) prevede un verbale di comparizione dei coniugi così strutturato:

"il Presidente, dato atto di quanto sopra, decide in via provvisoria:
  1. autorizza i coniugi a vivere separati;
  2. affida la casa coniugale al ____________ con la facoltà per ____________ di prelevare gli effetti personali entro trenta giorni da oggi;
  3. affida il minore alla ____________ con facoltà per il padre di vederlo e tenerlo con se(modalità da specificare) .......................................................
  4. stabilisce che il marito versi alla moglie, per il mantenimento della stessa e dei figli, la somma mensile di _______________ , valutabile secondo gli indici ISTAT, da versare entro… etc.
Impossibile non constatare la macroscopica ipocrisia di fondo: mentre al punto 2) ci si preoccupa di mantenere una imparzialità almeno formale, al punto immediatamente successivo (il n. 3) l’imparzialità di facciata si sgretola miseramente, lasciando emergere come in realtà le decisioni siano standardizzate, prese ancor prima di istruire il procedimento.  
Al punto 2) infatti sono previsti degli spazi vuoti in corrispondenza della voce “affidamento della casa coniugale” ed in corrispondenza dell’altro coniuge che se ne deve allontanare. In realtà il termine corretto per l’immobile sarebbe “assegnazione”, ma dai nostri Tribunali non stiamo a pretendere troppa precisione, suvvia !
Quando il giudice assegna la casa alla moglie sarà il marito a prelevare gli effetti personali, e viceversa. Nessuna decisione preconfezionata, almeno apparentemente i concetti di “giustizia”e “pari opportunità” non vengono distrutti.
A punto 3) c’è un bivio: inizialmente si continua a fingere imparzialità, seppure con un piccolo lapsus.
Persiste infatti lo spazio vuoto, lasciando credere che il giudice possa riempirlo come la circostanza richiederà; in realtà la preposizione articolata “della” lascia aperte solo opzioni al femminile, vale a dire che il giudice potrà scrivere “madre”, “nonna” o “zia”, non certo della padre, speriamo concorderete.  
Si tratta di un mero errore di battitura, magari ciclostilato migliaia di volte e mai riscontrato da nessun giudice, nemmeno compilando separazioni per anni ?
No di sicuro, infatti lo stesso punto 3) prosegue dipanando la matassa, senza più lasciare spazio al dubbio. Infatti dopo l’ingannevole spazio vuoto per lasciar credere che decida il giudice, caso per caso, a chi vada affidata la prole, emerge prepotente la chiusura definitiva: è il padre che ha un diritto di visita regolamentato.
Non c’è alcuno spazio da riempire, per il modulo del Tribunale di Civitavecchia è sempre e solo il padre a dover vedere i propri figli con il timer. Ergo, non è previsto che sia il genitore affidatario, o "collocatario" in regime di (falso) affido condiviso.
Il preconcetto discriminatorio, in un crescendo armonico perfezionato da una cesura perfetta, viene ulteriormente rafforzato al punto 4), ove risulta evidente che non esistono spazi da riempire al momento di stabilire le misure economiche.
Lui versa e lei riscuote, punto. Non è prevista una casistica differenziata, non è previsto che la moglie possa avere un reddito triplo rispetto al marito, non è previsto che lui possa essere un dipendente del suocero, possa aver perso il lavoro, essere in cassa integrazione, iscritto alle liste di collocamento o altro.
Casi estremamente concreti, in Tribunale possono ignorarli ?
La normativa prevede che l’assegno perequativo venga erogato “ove necessario”, per il modulo utilizzato a Civitavecchia “ove necessario” si è trasformato in “sempre”. Ovvio, visto che l’intero modulo è palesemente inquinato da una discriminazione di fondo.
Ripetiamo, si tratta solo di un esempio. In archivio abbiamo altre aperte violazioni della norma vigente, dal genitore “collocatario”  al “mantenimento del tenore di vita”, e presto saranno oggetto di denunce adeguate.
In conclusione è lecito chiedersi come, visti i presupposti macroscopicamente vessatori, un genitore possa avvicinarsi al Tribunale sperando di trovarvi imparzialità, giustizia e pari opportunità.
Carissimi Mara ed Angelino, non potete tollerare simili violazioni dei più elementari principi ai quali si conformano i vostri stessi mandati istituzionali.
Sicuramente vi siete distratti, giusto un attimo.....

http://www.adiantum.it/public/2128-moduli-predisposti-per-il-falso-condiviso.-lo-scandalo-parte-dal-tribunale-di-civitavecchia.asp